martedì 22 ottobre 2013

Toque De Santo

Il TOQUE DE SANTO è una cerimonia che si svolge per vari motivi: celebrare il giorno sacro di un Orisha, celebrare l'anniversario dell’ iniziazione di un individuo alla Santeria (spesso chiamato festa di compleanno), per esprimere gratitudine ad un Orisha per una richiesta speciale che ha già concesso oppure come tributo per chiedere una futura benevolenza . La cerimonia ha diverse sezioni. Principalmente possiamo suddividerla in quattro parti:
ORU SECO , ORU CANTADO , IBAN BALO e CIERRE .

ORU SECO
L' Oru Seco è la prima sezione in un tambor o guemilere , e il suo vero nome è “Oru del Igbodu” . Nell'antica terra degli Yoruba, Igbodu era il luogo dove i sacerdoti hanno ricevuto l'oracolo. A Cuba è l'area o stanza della casa dove c’è l’altare per l' Orisha utilizzata nel corso di una cerimonia. Nell’Oru Seco non si canta (seco significa secco in spagnolo). Infatti si dice che i tamburi Batà si stanno parlando. Questa parte della cerimonia non è accessibile a tutti. Ci sono 24 saluti agli Orishas . L'ordine in cui vengono riprodotti i saluti non differisce molto da un Tambor all'altro. L'Orisha in onore del quale si svolge il toque è preso fuori del normale ordine e salutato alla fine. Per molti è considerata la parte più importante della cerimonia percè quella in cui vengono chiamati gli Orishas.
L'ordine di apparizione dei santi di solito è questo: per primo come sempre viene Elegguà, seguito da Oggùn, Ochosi, Obaloke, Inle, Babalù-Ayè, Osain, Osun, Obatalà, Dadà, Oggue, Aganyù, Orùnla, Ibeyi, Orisha-Oko, Changò, Yewà, Oyà, Oshùn, Yemayà, Obba e Oddùa.


ORU CANTADO
L' Oru Seco è seguito dalla seconda parte, chiamata ORU DEL EYA ARANLA , che significa "cerimonia nella sala principale". Il cantante , chiamato Akpwon , conduce questa parte della cerimonia. Tutti i partecipanti costituiscono insieme il coro o Ankori . Questa forma musicale, dove il cantante e il coro cantano a turno , si chiama "antifonale ". L’ Akpwon inizia con una preghiera che viene immediatamente seguita da una chiamata del suonatore del tambor batà Iya . Poi entrano gli altri 2 tamburi l’ Itotele e l’Okonkolo . Come nell’ Oru seco ogni Orisha è salutato in un ordine più o meno fisso.
Qui , l' Orisha per i quali si svolge la festa non viene salutato in modo normale, ma ancora una volta viene salutato alla fine.

IBAN BALO
Questa sezione è la parte più lunga e relativamente libera del toque de santo ed a volte viene indicato con il nome di. Se qualcuno viene posseduto dall’ Orishas , succede durante questa parte della cerimonia . E ' il cantante che conduce la Iban Balo, scegliendo le canzoni giuste al fine di provocare la comparsa degli Orishas. Questa parte è molto improvvisata , quindi è impossibile scrivere una specie di ordine.

CIERRE
L'ultima parte di una cerimonia religiosa, Cierre significa “fine della cerimonia” . Si riparte con una parte del seco, dove gli antenati (Eggun) e gli Orishas collegati alla morte vengono salutati . Dopo questo vengono suonati alcuni toques per i corrispondenti Orishas. Durante il toque suonato per Yemaya, una persona iniziata a Yemaya getta un secchio d'acqua per pulire spiritualmente la stanza. Dopo di questo il secchio viene portato per la strada, dove viene espulso il suo contenuto , presumibilmente le energie spirituali liberate nella cerimonia. Il toque termina quando il secchio è riposizionato in basso davanti ai percussionisti. Con questo gesto, la parte seco della Cierre è finito.
La prima parte della Cierre è seguita da canzoni per Eleggua . I Batà prima suonano LA TOPA, poi  la Salida, che significa l'uscita, dove si cantano alcune altre canzoni per Eleggua , ma anche per Olokun.

Eleggua è onorato , all'inizio e alla fine di tutte le cerimonie . In questo modo si hanno le sue benedizioni sulla cerimonia e garantisce che l'ordine normale venga ripristinato, consentendo ai partecipanti di tornare in sicurezza alle loro case a conclusione della serata. L' ultimo momento di una cerimonia è un segno breve, FINALE, interpretato dal tamburi Bata , che segna la fine della cerimonia .

giovedì 24 gennaio 2013

Le società segrete abakuà - Origini


Sull’argomento si conosce molto poco visto il carattere di segretezza di questa pratica. Cosa certa è che le società di ramo abakuà, conosciute come società del leopardo hanno avuto un’estensione che va dall’attuale Ghana al Camerun.
Per quanto concerne le origini dell’etnia principale che fa a capo alla suddetta società dobbiamo fare un passo indietro nella storia. I portoghesi furono i primi trafficanti di schiavi africani che acquistarono neri ai margini dei fiumi del nuovo e vecchio Calabar, deportandoli verso Cuba già dal XVI sec. A tutta questa regione in cui si incontravano tribù Boni, Adoni, Calabar ed Efik fu assegnato il nome di Calabar e alle sue genti di carabalì. Il vocabolo deriva dalla voce inglese Kalabarry o portoghese Calabarra, ed appare per la prima volta in alcune mappe olandesi del XVII secolo. Il termine che non è d’origine Efik, si pensa potesse essere applicato in un primo momento al fiume del Nuovo Calabar, denominato come tale per l’incontro con la prima etnia che viveva lungo le sue rive, i Kalabarri Iyo.
Se carabalì fu un’apposizione europea: qual’era il nome africano che li definiva? A Cuba le testimonianze di anziani ñañigos (appartenenti alla setta abakuà) d’ascendenza carabalì, rivelano che l’antica denominazione era quella di Brìcamo, nome generico comprendente le molte etnie situate in quelle marche ed ''equivalente a carabalì''.
Non si tratta unicamente di una religione, ma di una società segreta mutualistica, di carattere religioso, che da molti è stata comparata con la nostra massoneria. Gli Abakuà sono una setta segreta che pratica culti magici, relazionati principalmente con la reiterante rappresentazione del momento fondante: il patto sociale tra Efor ed Efik (gruppi etnici africani), permettendo l’alleanza e la prosperità e sventando le continue guerre nell’area, attraverso un’alleanza basata su un evento religioso assunto come segreto fondante.
Di carattere puramente maschile la sua cementazione è costituita dalla riservatezza, dalla esclusione del potere, cioè dalla segretezza del culto, che culmina nella stessa personificazione del segreto: un tamburo sacro fatto di pelle divina, l’Ekue.
Gli Abakuà sono a Cuba i reiteranti attori del momento fondante, attraverso una sacralità religiosa, del patto celebrato in terra Carabalì in Africa in un momento preciso: gli Efor fornirono la religiosità incarnata dal tamburo sacro dotato della pelle divina del pesce parlante Tanze in cambio di beni materiali, più precisamente secondo appunti abakuà “Efì ha dato a Efò in cambio del segreto, musica e vestiti che questi non tenevano, e con che insaporire i loro cibi”, si tratta della storia raccontata di quello che può essere definito come un contratto sociale.
Fernando Ortiz ne parlò in termini di tragedia, cioè di rappresentazione teatrale riprodotta continuativamente nel tempo, di una serie di avvenimenti precisi legati a un momento mitico. La società molto estesa a Cuba, mantiene un intero cosmo religioso, musicale, di racconti e tradizioni, con una propria lingua, in tutto e per tutto simile alle società cabalistiche presenti nella Costa Occidentale africana.
I precedenti della società Abakuà si riscontrano nel Sud della Nigeria: nella grande e prima associazione (potencia) Egbo, dalla quale discese la società Ekkpò che corrisponde a quella cubana; la quale società Ekkpò a sua volta ebbe un’enorme influenza nelle popolazioni Efik e Ibibìos per costituire la società Ekkpe Nyoyo.
La società Ekkpe Nyoyo, secondo le interviste raccolte in Nigeria da Thompson, ‘fu fondata da una donna il cui potere era così grande che tutti gli abitanti del Paese si consideravano suoi schiavi’, e su questi rari ruoli femminili nelle società marcatamente maschiliste se ne ha conferma anche da parte di anziani abakuà a Cuba, i quali riferiscono di “Orùmiga” o di “Akuareña Apapa”, donne “grandi” terribili “nasakolas” che possedevano il segreto e “tenevano yù-yù”.
La primordiale società, la ‘potencia’ Egbo, conosciuta come società del Leopardo, che secondo alcuni etnologi è la derivazione di una credenza più antica e primitiva, vede la sua espansione dal Dahomey al Camerun, con affiliazioni di società affini tra gli akinakua, adoni, ebò, ekoi, ibani, ibo, ibibìo, geduma, kukurukù e molti altri.
Secondo le fonti cubane anche la società Ngbe influente tra gli Ekoi (coloro che fondarono la Abakuà in Africa), è una discendenza della stessa Egbò.
Gli schiavi del Calabar passati a Cuba dettero a queste società lo stesso carattere mitico, con un fine di protezione e aiuto mutualistico, proprio come alcune mantengono nei Paesi di origine e come lapotente Ekppe detenne agli inizi del 1800.A Cuba l’organizzazione gerarchica della ‘potencia’ si estende in numerosi ruoli, ‘dignitades’, che prevede: capi, amministratori dei fondi, ausiliari incaricati dei riti, delle purificazioni e dei sacrifici.
Nella società hanno un ruolo fondamentale la magia, la musica, le orazioni, la danza, i simboli, tutti rigorosamente fedeli al modello africano, a parte quelle poche intromissioni simboliche di carattere cristiano. La società, come nella Costa Occidentale africana, possiede un linguaggio cifrato per il rituale; a Cuba la stima all'interno della ‘potencia’, si basa sul grado di conoscenza della lingua.
Recite, preghiere, massime, canti e riti, si esprimono in questo idioma esoterico, appreso e utilizzato dagli ‘okobios’, cioè coloro che per mezzo dell’iniziazione hanno prestato giuramento rimanendo vincolati al Segreto e ai confratelli religiosi. Per coloro che infrangono questo giuramento, o incorrono in delitti, è previsto un processo con giudizio e una successiva pena.
Le orazioni, ‘nkames’, rivelano un linguaggio elaborato nel quale, secondo le testimonianze rilasciate alla antropologa Lydia Cabrera, si allude invariabilmente: all’essere supremo, alla sua materializzazione nel tamburo sacro che solo possono contemplare gli alti iniziati, al sangue indispensabile per il sacrificio, e alla tecnica magica che produce il suono divino concentrando le forze spirituali nella pelle di un caprone sostitutivo della precedente pelle utilizzata: quella umana.
Gli idiomi perpetrati nelle potenze abakuà sono: Efik o Bibì, “perché Efik e Bibì parlano uguale”; la
lingua akuà, proveniente da un villaggio Bibì della Costa; Orù e Otà, dialetto molto utilizzato nella provincia di Matanzas; l’Isuama, coloro che “là in Guinea sono confinanti con gli Ibo, i mezzi lucumì, e che parlano molto bene”; e per forza la lingua Efor-Ekoi.
Sulla relazione tra la società abakuà, il suo mondo religioso e le possibili influenze conghe e yoruba, a Cuba come in Africa, ancora nessuno si è espresso. Certamente si sa dell’esistenza di un complesso culto nella ‘potencia’ e che probabilmente risente dell’influenza della regione di provenienza (la regione di Calabar è molto vicina alle terre Bantù del Congo e Angola). Tuttavia mai nessuno studioso è potuto entrare a fondo nelle conoscenze del segreto che solo un iniziato e a lungo praticante può detenere, ma che mai rivelerebbe in obbligo con le ristrette regole sulle quali la società si fonda.

Bibliografia
ORÍSHAS, DALL’AFRICA A CUBA - Christian Doria