Sull’argomento si conosce molto poco visto il carattere di segretezza
di questa pratica. Cosa certa è che le società di ramo abakuà, conosciute come
società del leopardo hanno avuto un’estensione che va dall’attuale Ghana al
Camerun.
Per quanto concerne le origini dell’etnia principale che fa a
capo alla suddetta società dobbiamo fare un passo indietro nella storia. I
portoghesi furono i primi trafficanti di schiavi africani che acquistarono neri
ai margini dei fiumi del nuovo e vecchio Calabar, deportandoli verso Cuba già
dal XVI sec. A tutta questa regione in cui si incontravano tribù Boni, Adoni,
Calabar ed Efik fu assegnato il nome di Calabar e alle sue genti di carabalì. Il
vocabolo deriva dalla voce inglese Kalabarry o portoghese Calabarra, ed appare
per la prima volta in alcune mappe olandesi del XVII secolo. Il termine che non
è d’origine Efik, si pensa potesse essere applicato in un primo momento al
fiume del Nuovo Calabar, denominato come tale per l’incontro con la prima etnia
che viveva lungo le sue rive, i Kalabarri Iyo.
Se carabalì fu un’apposizione europea: qual’era il nome africano
che li definiva? A Cuba le testimonianze di anziani ñañigos (appartenenti alla
setta abakuà) d’ascendenza carabalì, rivelano che l’antica denominazione era
quella di Brìcamo, nome generico comprendente le molte etnie situate in quelle
marche ed ''equivalente a carabalì''.
Non si tratta unicamente di una religione, ma di una società
segreta mutualistica, di carattere religioso, che da molti è stata comparata
con la nostra massoneria. Gli Abakuà sono una setta segreta che pratica culti
magici, relazionati principalmente con la reiterante rappresentazione del
momento fondante: il patto sociale tra Efor ed Efik (gruppi etnici africani),
permettendo l’alleanza e la prosperità e sventando le continue guerre
nell’area, attraverso un’alleanza basata su un evento religioso assunto come
segreto fondante.
Di carattere puramente maschile la sua cementazione è costituita
dalla riservatezza, dalla esclusione del potere, cioè dalla segretezza del
culto, che culmina nella stessa personificazione del segreto: un tamburo sacro
fatto di pelle divina, l’Ekue.
Gli Abakuà sono a Cuba i reiteranti attori del momento fondante,
attraverso una sacralità religiosa, del patto celebrato in terra Carabalì in
Africa in un momento preciso: gli Efor fornirono la religiosità incarnata dal
tamburo sacro dotato della pelle divina del pesce parlante Tanze in cambio di
beni materiali, più precisamente secondo appunti abakuà “Efì ha dato a Efò in
cambio del segreto, musica e vestiti che questi non tenevano, e con che
insaporire i loro cibi”, si tratta della storia raccontata di quello che può
essere definito come un contratto sociale.
Fernando Ortiz ne parlò in termini di tragedia, cioè di rappresentazione
teatrale riprodotta continuativamente nel tempo, di una serie di avvenimenti
precisi legati a un momento mitico. La società molto estesa a Cuba, mantiene un
intero cosmo religioso, musicale, di racconti e tradizioni, con una propria
lingua, in tutto e per tutto simile alle società cabalistiche presenti nella Costa
Occidentale africana.
I precedenti della società Abakuà si riscontrano nel Sud della
Nigeria: nella grande e prima associazione (potencia) Egbo, dalla quale discese
la società Ekkpò che corrisponde a quella cubana; la quale società Ekkpò a sua
volta ebbe un’enorme influenza nelle popolazioni Efik e Ibibìos per costituire
la società Ekkpe Nyoyo.
La società Ekkpe Nyoyo, secondo le interviste raccolte in
Nigeria da Thompson, ‘fu fondata da una donna il cui potere era così grande che
tutti gli abitanti del Paese si consideravano suoi schiavi’, e su questi rari
ruoli femminili nelle società marcatamente maschiliste se ne ha conferma anche
da parte di anziani abakuà a Cuba, i quali riferiscono di “Orùmiga” o di
“Akuareña Apapa”, donne “grandi” terribili “nasakolas” che possedevano il
segreto e “tenevano yù-yù”.
La primordiale società, la ‘potencia’ Egbo, conosciuta come
società del Leopardo, che secondo alcuni etnologi è la derivazione di una
credenza più antica e primitiva, vede la sua espansione dal Dahomey al Camerun,
con affiliazioni di società affini tra gli akinakua, adoni, ebò, ekoi, ibani,
ibo, ibibìo, geduma, kukurukù e molti altri.
Secondo le fonti cubane anche la società Ngbe influente tra gli
Ekoi (coloro che fondarono la Abakuà
in Africa), è una discendenza della stessa Egbò.
Gli schiavi del Calabar passati a Cuba dettero a queste società
lo stesso carattere mitico, con un fine di protezione e aiuto mutualistico,
proprio come alcune mantengono nei Paesi di origine e come lapotente Ekppe
detenne agli inizi del 1800.A Cuba l’organizzazione gerarchica della ‘potencia’
si estende in numerosi ruoli, ‘dignitades’, che prevede: capi, amministratori
dei fondi, ausiliari incaricati dei riti, delle purificazioni e dei sacrifici.
Nella società hanno un ruolo fondamentale la magia, la musica,
le orazioni, la danza, i simboli, tutti rigorosamente fedeli al modello
africano, a parte quelle poche intromissioni simboliche di carattere cristiano.
La società, come nella Costa Occidentale africana, possiede un linguaggio
cifrato per il rituale; a Cuba la stima all'interno della ‘potencia’, si basa
sul grado di conoscenza della lingua.
Recite, preghiere, massime, canti e riti, si esprimono in questo
idioma esoterico, appreso e utilizzato dagli ‘okobios’, cioè coloro che per
mezzo dell’iniziazione hanno prestato giuramento rimanendo vincolati al Segreto
e ai confratelli religiosi. Per coloro che infrangono questo giuramento, o
incorrono in delitti, è previsto un processo con giudizio e una successiva
pena.
Le orazioni, ‘nkames’, rivelano un linguaggio elaborato nel
quale, secondo le testimonianze rilasciate alla antropologa Lydia Cabrera, si
allude invariabilmente: all’essere supremo, alla sua materializzazione nel
tamburo sacro che solo possono contemplare gli alti iniziati, al sangue indispensabile
per il sacrificio, e alla tecnica magica che produce il suono divino
concentrando le forze spirituali nella pelle di un caprone sostitutivo della
precedente pelle utilizzata: quella umana.
Gli idiomi perpetrati nelle potenze abakuà sono: Efik o Bibì,
“perché Efik e Bibì parlano uguale”; la
lingua akuà, proveniente da un villaggio Bibì della Costa; Orù e
Otà, dialetto molto utilizzato nella provincia di Matanzas; l’Isuama, coloro
che “là in Guinea sono confinanti con gli Ibo, i mezzi lucumì, e che parlano
molto bene”; e per forza la lingua Efor-Ekoi.
Sulla relazione tra la società abakuà, il suo mondo religioso e
le possibili influenze conghe e yoruba, a Cuba come in Africa, ancora nessuno
si è espresso. Certamente si sa dell’esistenza di un complesso culto nella
‘potencia’ e che probabilmente risente dell’influenza della regione di provenienza (la regione di Calabar è molto vicina alle terre Bantù del Congo e Angola). Tuttavia mai nessuno studioso è potuto entrare a fondo nelle conoscenze del
segreto che solo un iniziato e a lungo praticante può detenere, ma che mai
rivelerebbe in obbligo con le ristrette regole sulle quali la società si fonda.
Bibliografia
ORÍSHAS, DALL’AFRICA A CUBA - Christian Doria